Volpacchiotta

#raccontinoeerotico #pensieroerotico
#mhapresocosí 💋 buonanotte.

Mi sentivo una volpe, non tanto per averne indossato la coda impersonandola, ma più per quel velo di malizia che mi portavo nella mente, quel profondo stato di perversione che mi riaffiorava con un sorriso a fior di labbra e la codina a fior di vestitino.
Si vedeva solo la punta di pelo dare l’accenno tra le gambe, e non vedevo l’ora che lui mi vedesse.
Mi occupavo il tempo rispolverando i mobili in attesa che lui entrasse e posasse il suo sguardo su di me.
Mi sentivo già eccitata pensando al suo sorriso che sarebbe stato il perfetto specchio del mio, e non so se era per il fatto di non aver voluto mettere intimo per non intralciare il pelo che divideva in due il mio fondoschiena, ma sentivo scendere la voglia, il desiderio e il piacere in sincrono tra le mie gambe immaginando i pensieri formarsi nella sua mente perversa.
Era una sensazione unica che continuavo a dissimulare attendendo un motivo valido per smaniare così tanto, convinta che ogni attimo fosse solo uno più vicino al suo ritorno e al momento in cui tutto si sarebbe fatto indecente realtà.
~Lara~

La mia gattina

Dopo una giornata di lavoro ho bisogno solo di una cosa: Lei.
Ma non una lei amorevole e coccolona, no, lei, la mia gattina, lei, la mia sottomessa, lei che sa svuotarmi le palle da Dio.

Arrivo a casa e lei mi aspetta, non la calcolo neanche, sa cosa voglio e sa come lo voglio.
Mi segue scodinzolando sensualmente fino alla poltrona cercando di attirare invano la mia attenzione.
Mi tuffo tra la pelle morbida, mentre lei si insinua tra le mie gambe desiderosa di me, desiderosa di fare il suo dovere.

La accarezzo per darle un contentino e poi la lascio fare, mentre piano fa scendere i miei pantaloni lasciando libero il mio cazzo già duro come il marmo.

Mi guarda con i suoi occhi furbi, mi sfida, mi fa pregustare già quello che sta per farmi. A me importa solo che si sbrighi.

Sussulto quando lo sfiora con le sue labbra morbide, è sempre paradisiaca, soffice e pungente come piace a me, come piace a lui.
Se la prende comoda, lasciando che la mia eccitazione salga.
Fa uscire la punta aiutandosi con le mani, per poi leccarla con la sua linguetta, la posa e la ritrae, come se stesse bevendo del latte da una ciotolina.
Mentre ondeggia scodinzolando con quel plug a codina che le ho comprato.
Vorrei mettermi al posto di quel coso e tapparglielo io il culo, sicuramente godrebbe di più, ma qui quello che deve godere sono io, e la sua bocca che lappa il mio cazzo lasciandolo scomparire tra le labbra mi soddisfa abbastanza, per ora.
Arriva quasi a sfiorare le palle, sento il suo respiro su di esse, prima che ricominci la salita allontanandosi.
E poi, un sali e scendi sempre più ritmato fa si che la mia erezione si palesi in tutta la sua grandezza, riempendo la sua bocca.
Mi tenta, lo fa ogni secondo della sua vita ed io non sono fatto per essere tentato.
Le afferro la testa a metà tra le orecchie da gattina che si è messa e la spingo giù ferocemente, se lei può arrivare in basso io posso farcela arrivare meglio. La spingo finché non sento i conati, solo allora allento la presa per farla risalire.
Ma non mi basta, non mi basta di certo.
Aspetto che riprenda fiato e poi la spingo di nuovo giù ad ingoiare interamente il mio cazzo.
Voglio sentire la gola, voglio sentirlo risucchiare giù.
La premo con il mio palmo stretto sui suoi capelli ribelli, e una volta sentito il naso sbattere sulla mia pelle, con le dita dell’altra mano le chiudo l’unica fonte del suo respiro. Soffoca, ma io so bene quando il suo limite può reggere. La saliva cerca di uscire ad ogni conato e solo quando la lascio riprendere fiato la vedo scendere dalla sua bocca e cospargere il mio sesso con i suoi rivoli.
Le tiro i capelli a lato per vedere la sua faccia provata dal mio soffocone, potrei costringerla a replicare ancora ma la voglia si fa sempre più impellente e voglio soddisfarla in altro modo.
Davanti alle sue fauci aperte decido di ricambiare il regalo della sua saliva donandole un po’ della mia.
Lo sputo parte dalle mie labbra fino alla gola accessibile alla mia vista.
-Sali- le ordino poi in un attimo. Le parole che so che aspettava pazientemente di sentire.

Non se lo fa ripetere e con uno scatto felino sale sulla poltrona e su di me.

Allungo una mano nella sua intimità nuda, gia bagnata e gia pronta, la spingo fino a sentire la sua codina, la accarezzo giocandoci e portando la mia micina ad un livello più alto di desiderio.
Percorro ancora ed ancora la strada bagnata fino al giocattolino nel culo, poi la carezza si fa possessione ed assaggio da dentro il posto caldo che ho intenzione di scopare.
Entro con due, no, tre dita e poi le muovo facendola già un po’ mia.

Sento il mio cazzo pulsare dal desiderio, e lasciando perdere il suo piacere, esci e prendendola per i fianchi la accompagno sul mio palo.

Entro forte e deciso, la spingo su di me fino a sentire solo la sua voce spezzata.
Non si muove, gode della mia imponente presenza, si adatta al mio cazzo come un guanto.
Giusto qualche secondo, prima di cominciare a muoversi su di esso, le sue labbra lo sputano e lo rimangiano tutto.
Infilo le mie dita sulla carne dei suoi fianchi, spingendola più a fondo di quello che umanamente può.
Ogni volta che sale poi io la sbatto ferocemente sul mio bacino entrandole sempre più a fondo.
Quando piegandosi mette alla portata delle mie labbra la sua scollatura, affondo il mio volto in quel cuscino morbido.
Le sue tette prosperose attirano la mia bocca che si precipita su uno dei due capezzoli intrappolandolo tra i denti.
Lo mordo, lo strappo, e la puttanella gode ancora di più, non sente dolore, no, solo il suo piacere che non conosce limite.
La consumo dentro e fuori, tanto non si rompe, tanto non scappa, è il mio giocattolino e funziona alla perfezione.
La fotto come se non dovessi farlo mai più, spinte forti si susseguono facendo suonare il suo culo sulle mie cosce come tanti piccoli schiaffi e sono sicuro che le piacerebbe anche quello se potessi.
Prendo l’altro capezzolo tra le dita e lo tiro forte.
Tra le urla del suo piacere le do
un’ultima spinta e la sporco dentro.

Si affretta a trovare qualcosa per uscire da me senza danni, sa che se solo osa sporcarmi passerà molti guai.
Si pulisce, prima di pulire con le sue calde labbra anche la mia erezione che esausta si sta già ritirando.

Mi rilasso sulla poltrona, lasciando che la mia gattina si prenda cura di me, ho decisamente dato, almeno per i prossimi dieci minuti.

Come ultima cosa, prima di dedicarsi ad altro, come sempre china il suo sedere verso di me, aspettando che io le tolga la sua codina, dandole la possibilità di uscire dal suo ruolo.
Afferro il plug e con un po di pressione lascio che il suo culo la espella.

Mi affascina vedere quel buchino allargarsi e ritirarsi, forse dopo ci gioco un po’, ma non con sto coso di silicone. Dopo me l scopo anche lì. Dopo.
Adesso voglio solo rilassarmi con la sua bocca che accarezza ogni centimetro del mio membro, poi se ho voglia me la fotto ancora un po’, o forse lo faccio domani, tanto lei è mia, la mia troietta svuota palle.
Tanto è mia.

Lara © 2018

Al bar

Una serata come tante, con solo un pizzico di voglia più del solito.
Voglia, voglia di Alcol, voglia di uomo, voglia di voglia.
Dipinsi le mie labbra di un rosso fuoco, quello forte ed accecante della passione, volevo che ogni uomo che mi avesse guardata capisse che sì, avevo voglia di consumarmi, ma ero altrettanto vogliosa di consumare lui.
Il mio vestito bordeaux, i miei capelli legati con un leggero elastico che li lasciava comunque liberi su di una spalla e delle decolletè appena comprate, finivano la presentazione che avrebbe portato la mia figura nella mente di chiunque mi avrebbe guardata.
Ogni uomo avrebbe dovuto desiderarmi, solo allora avrei potuto decidere quale sarebbe stato il fortunato, perché sì, la cosa certa era che ce ne sarebbe stato uno.
Mi sedetti al bancone del bar, mi sistemai elegantemente sullo sgabello che inalzava la mia figura, ordinai un martini e cominciai la mia caccia.
Tutto era fondamentale, come una partita a scacchi, anche la mossa che sembrava la più inutile poteva dimostrarsi decisiva.
Afferrai delicatamente il bicchiere tra pollice e medio, mentre l’indice puntava più in alto, ti indicava dove guardare, ti dava il consiglio giusto, posare il tuo sguardo sui miei occhi, perché se lo avessi posato sulle mie labbra poi saresti entrato in un vortice senza uscita.
Ma l’uomo è stupido e non ascolta i consigli, e fu per quello che sentii all’istante gli sguardi su di me, sul mio movimento lento e sulle labbra rosse che intrappolavano goccia dopo goccia il sidro nella mia gola.
Il bicchiere si allontanò dalle mie labbra e queste ultime lo lasciarono andare come in un addio e come in un addio rimasero leggermente dischiuse per aspettarne invano il ritorno.
Il primo uomo che ebbe il coraggio di avvicinarsi a me non sarebbe stato di certo quello con cui avrei chiuso la serata.
Lo usai per giocare, lo usai per ottenere l’interesse di chi davvero avevo già puntato.
Accettai il suo drink e lasciai che provasse a sedurmi con le sue incantevoli parole, ascoltavo lui ed ascoltavo i richiami del mio corpo che sapeva di aver avvicinato la vera preda.
Sentivo i brividi sulla pelle e la voglia salire in attesa del momento giusto in cui finalmente avei trovato soddisfazione sotto le sue mani.
Quando gentilmente declinai l’invito del poveretto a proseguire la serata a casa sua, sentii nettamente il ragazzo ghignare un sorriso.
Mancava poco, ogni cellula del mio corpo ansimava l’attesa che fuori non si percepiva se non per piccoli gesti languidi e peccaminosi che ogni tanto mi lasciavo sfuggire.
Sentivo le persone andarsene ed il buio della notte entrare piano piano nel locale, le luci si fecero più soffuse ed in poco tempo rimanemmo solo io e lui.
Scolai l’ultimo sorso nel bicchiere invitandolo a fare la propria mossa.
Superò il bancone che ci aveva divisi per tutta la serata e convinto di avere la partita in mano mi chiuse dentro il locale intrappolandomi, senza sapere che quello in gabbia in realtà era lui.
Si avvicinò a me come un predatore mentre i miei grandi occhi nella penombra lo invitavano e lo sfidavano a proseguire.
Arrivò a me azzerando ogni distanza.
Gli stavo prima davanti e poche mosse dopo gli stavo sopra.
Avvinghiata al suo forte corpo mi lasciai trasportare fino ad una lunga tavolata.
Mi adagiò sul tavolo ed io lasciai che i miei vestiti facessero compagnia ai suoi sul pavimento.
Cercava di rendere la cosa romantica lasciando baci casti e peccaminosi sulle mie gambe a salire, ma io non avevo più tempo, ne avevo aspettato fin troppo ed il mio corpo non era in vena di smancerie.
Afferrai il suo volto e lo portai dritto al centro delle mie gambe. Lì, solo lì poteva e doveva dedicare i suoi baci. Afferrava e succhiava tra le mie labbra il risultato di ore di voglia crescente, beveva ogni brivido ed ogni ansimo che uscivano dal mio corpo.
I miei sensi erano completamente ofuscati ed il mio corpo reclamava la sua carne.
Percorse il mio corpo velocemente portando con le sue labbra alle mie il sapore di perversione che avevo addosso come a voler giustificare quello che stava per fare.
Non volevo scuse, non aveva scuse, era venuto il momento di prendermi, doveva farlo e doveva farlo bene.
Chiusi gli occhi, non volevo guardare, volevo sentire, volevo che le sensazioni si impossessassero di me e che lui stesso lo facesse.
Entrò veloce, senza ulteriori preamboli, aveva finalmente capito qual era il gioco che volevo condurre e sentendolo in me non ebbi più dubbi.
Si fermò aspettando che il mio fiato spezzato tornasse regolare poi cominciò a muoversi sopra di me.
Sotto di me l’odore dei tanti uomini che mi avrebbero voluta, sopra di me l’unico che volevo.
Ogni suo movimento richiamava un verso tra le mie labbra.
Parlavo di me, parlavo per lui, parlavo lasciando uscire nel locale vuoto ogni mia più piccola sensazione.
La mia eccitazione non finiva di crescere, cercavo il culmine ma lo vedevo lontano, lo volevo lontano perché l’attimo era molto più soddisfacente della fine.
Si staccò da me e mi afferrò, fui costretta ad aprire gli occhi mentre mi trascinava chissà dove. I miei piedi scalzi toccavano il pavimento con le punte, l’aria fredda cercava di entrare nel mio corpo ormai bollente ma io lo seguivo cosciente che qualsiasi posto sarebbe stato il paradiso.
Fece spazio sul bancone poi mi fece sedere su di esso.
Lo guardavo aspettando di sapere cosa sarebbe stato meglio dei nostri corpi che suonavano l’uno sull’altro.
Guardai le sue proporzioni nella penombra e forse per l’odore di frutta che mi arrivava, ma avevo fame, avevo fame di lui,
Mi morsi le labbra famelica mentre lui prese una bottiglia e la portò sopra al mio volto.
Inclinai la testa e tirai fuori la lingua aspettando che l’alcol cadesse proprio tra le mie labbra.
Bevvi e sputai la vodka che mi rigò tutto il corpo, lui pronto ne raccolse ogni goccia bevendomi ancora.
Mi fece scendere e girare, le sue mani ancorate sul mio seno ed il suo sesso sul mio senza pietà.
Mi tirava a se ed affondava in me cercando di arrivare sempre più a fondo alla ricerca della mia anima, senza sapere che l’avevo lasciata a casa.
Mi consumava e si consumava cercando di essere all’altezza di ogni mio gemito.
Afferrò i capelli e mi costrinse a guardare il buio della città che dorme mentre lui dietro di me mi teneva sveglia.
Un affondo e un altro ancora, mi perdevo ogni volta che usciva e ritrovavo me stessa ogni volta che attirandomi a se sentivo tutta la sua forza dentro.
I suoi versi si unirono ai miei finchè per un braccio non mi tirò di nuovo via, non alla ricerca di un nuovo piacere ma voglioso di donarmi il suo.
In ginocchio sotto di lui dischiusi le labbra e come con la bottiglia aspettai il suo liquido sulla mia lingua e come prima lo ritrovai su tutto il mio corpo.
Mi fece alzare con il suo peccato sulla pelle e finalmente con le sue dita dentro di me preparò l’ultimo drink della serata e dopo avermi portato nel culmine di un orgasmo mi accarezzò con le dita sporche di piacere ed io bevetti l’ultimo sorso prima di chiudere la serata.

Mancanza estiva

L’estate era ormai finita e dovevo ammettere che c’era qualcosa delle giornate in spiaggia a mancarmi terribilmente: gli sguardi sul mio fascinoso corpo esposto al sole e a tutti coloro che volevano ammirarlo.
La mancanza era così grande che avevo cominciato a mettere foto sempre più spinte di parti del mio corpo sul web.
I miei piedini smaltati di rosso sui miei sandali tacco dodici, la foto delle calze che finivano sulle cosce poco prima di vedere il mio sedere tondo, la mia scollatura sempre più accentuata a mostrare quei due meloni maturi. Tanti piccoli dettagli che non svelavano nulla di me, se non il mio crescente ego che aumentava ad ogni apprezzamento. Certo, non erano per niente paragonabili alle calde occhiate sul lettino che ricevevo silenziose: queste erano molto meglio. Erano dirette, a volte anche volgari, e dovevo ammettere che nonostante lo shock iniziale di leggere certe parole rivolte a me, avevano poi un lato decisamente intrigante che mi si rispecchiava nel corpo.
Un giorno, dopo aver sfogliato i vari commenti, cominciai a fantasticarci sopra durante una rilassante doccia.
Immaginavo questo uomo misterioso senza forma apparente mentre mi accarezzava il corpo, mentre percorreva le mie linee nude prendendomi senza remora alcuna.
Con gli occhi chiusi e la doccetta che mi scaldava il corpo già bollente, feci un passo avanti a scontrarmi con il freddo muro.
I miei seni schiacchiati sulle piastrelle mi fecero avvertire una sensazione unica di eccitazione.
“In fondo sei una puttanella” diceva la voce immaginaria della mia testa rifacendosi ad un commento.
“Te li strizzerei quei capezzoli fino a farti urlare di piacere.”
Cominciai ad ondeggiare sul muro come fosse un corpo pronto a darmi piacere ed estrassi persino la lingua alla ricerca del sapore di quell’uomo immaginario, leccando però solo il vapore sulla parete.
Ero in estasi e lo ero per nulla. Mi toccavo, mi pizzicavo, andavo a cercare un piacere che non potevo certo darmi da sola, mentre la doccia continuava a solleticarmi i capelli.
Affondai le dita sul mio sesso, sempre di più, sempre più a fondo, alternando le mie mani sul clitoride sfregandolo e stringendolo ossessivamente. Godevo, ma non abbastanza, piagnucolavo sapendo che nessuno dei miei sforzi avrebbe rimpiazzato la realtà dei commenti che mi bramavano.
Avevo bisogno di un uomo, delle sue mani ruvide, dell’invadermi del suo sesso in ogni buco che madre natura mi aveva fornito.
Con la voglia ancora sulla pelle uscii dalla mia doccia ed ancora con l’asciugamano solo a coprirmi ed i capelli che gocciavano fino al pavimento, esposi tutta la mia voglia ancora in circolo fotografando il mio labbro mordicchiato in maniera peccaminosa con sotto il mio corpo bagnato e seminudo.
Non tardarono certo i soliti commenti che questa volta mi colpirono direttamente.
-Ti strapperei quell’asciugamano da dosso e ti sbatterei lì davanti allo specchio così che tu possa vedere le smorfie del tuo piacere.-
-Già, peccato la distanza.- risposi già eccitata da quelle sole semplici parole.
Quando scoprii che quell’uomo abitava nei paraggi di casa mia, non ragionai più spinta dalla sola e impellente voglia di sentire quelle parole divenire realtà.
Gli diedi l’indirizzo di casa e lo aspettai esattamente com’ero. Non ebbi neanche tempo per razionalizzare che cosa avessi appena fatto, ero così tesa che non mi importava di altre futili cose.
Chissà che cosa sarebbe successo, chissà che cosa mi avrebbe fatto; queste domande continuavano a susseguirsi nella mia mente accompagnate dalle supposizioni che tenevano teso e bagnato il mio corpo nella sua attesa.
Quando suonò al campanello mi si fermò il cuore solo per qualche momento per poi riprendersi condito da tutta la perversione che mi portavo dietro.
Non mi feci fermare da nulla, nemmeno alla presenza di quell’uomo decisamente più grande di me.
Alla vista dei suoi capelli brizzolati e dei suoi occhi profondi, non riuscii a dire né pensare nulla se non connesso alla mia crescente lussuria.
Un uomo maturo avrebbe sicuramente trattato il mio corpo come meritava e questo accresceva la mia impazienza.
-Sei proprio come immaginavo, così giovane e così porca.-
Le sue parole come le sue mani arrivarono dritte al mio corpo e si convogliarono in voglia liquida che senza impedimenti mi inumidiva tra le gambe.
Lo guardai negli occhi e mordendomi il labbro mi accertai che il suo sguardo fosse sul mio volto per lasciar poi cadere l’asciugamano a terra e decretare con una sola mossa la mia resa.
Una sola occhiata mi percorse dalla testa ai piedi rendendomi così ancora più nuda.
-Lo sapevo che eri una puttanella e adesso sarai la mia.-
Mi cinse la vita e mi fece aderire al suo corpo che sebbene vestito mostrava già segni chiari della sua virilità.
Una sua mano scese poi sul mio sedere, stringendolo con le unghie, mentre l’altra armeggiava con la patta dei suoi pantaloni per liberare il suo grosso sesso.
Mi distaccai per guardarlo e nell’attimo in cui lo feci mi salì l’impellente voglia di assaggiarlo.
Come se mi avesse letto nel pensiero, mi mise una mano sulla spalla a farmi scendere ed io acconsentii maliziosa.
Mi avvicinai alla punta bagnata del suo membro sospirandoci sopra prima di farlo sparire tra le mie labbra.
Cominciai a giocare con la lingua muovendola sul glande, ma all’uomo brizzolato non bastavano i miei giochetti da ragazza e prendendomi per i capelli mi spinse a divorare sempre di più la sua asta facendola penetrare fino alla gola.
Quando riuscii a prendere aria, mi staccai da lui pronta a prendermi la mia dose di piacere.
Mi trascinai fino al divano e mi stesi languida sulla sua superficie di pelle.
Lui mi raggiunse lasciandosi dietro i vestiti ed arrivando da me completamente nudo.
Infilò una mano tra le mie gambe portando via un po’ del bagnato che da minuti continuava a palesarsi su di esse.
-Una puttanella vogliosa. Dimmi, quanta voglia hai di sentire il mio grosso cazzo fotterti?-
Ed ecco che le parole volgari di nuovo facevano breccia nel mio intimo fino a spingermi a rispondere.
-Tanto.- sussurrai a fior di labbra mentre lui già bramoso si spingeva alla mia entrata.
Rozzo.
Forte.
Virile.
Mi entrò dentro fino a toccarmi l’anima.
Spalancai gli occhi e la bocca per assecondare quell’improvvisa ondata di piacere che mi invase.
Dalle stesse labbra uscirono poi versi di goduria ad ogni suo movimento secco. Non riuscivo a trattenermi, non volevo farlo.
-Sentila come gode la troietta.- mi incitò spingendosi ancora oltre la mia pelle.

Il rumore dei nostri corpi che sbattevano l’uno sull’altro si alternavano ai miei lamenti guduriosi, incitandoli.
Più il suo bacino schiaffeggiava le mie cosce, più la mia voce urlava con tutto l’animo la lussuria che ne scaturiva.
Le sue dita possenti tenevano salda la mia pelle imprimendosi su di essa mentre cercava di tramutare l’ardore di mille parole in gesti.
Mi scopava, mi fotteva, mi possedeva come nessun ragazzo aveva mai fatto con il mio corpo.
Aveva tutto il vigore di un uomo passionale e tutta la resistenza di uno maturo, un’esperienza unica che stavo vivendo pienamente dentro di me.
Quando il suo climax salì, le gocce di sudore avevano sostituito quelle della doccia sulla mia pelle e il mio corpo era completamente devastato dall’amplesso tanto lungo quanto intenso.
-Ho voglia di sporcarti tutta.- disse rantolando un piacere che non vedeva l’ora di uscire.
-Fallo.- esclamai mentre con le mani stringevo sui miei seni l’attesa del suo seme caldo.
Uscì dal mio sesso e schiacciò il glande sul mio pube, lo sentii bollente ad annunciare i fiotti che altrettanto intensi mi avrebbero ricoperto il corpo.
Con quel calore improvviso sulla mia pelle, lui mi sorrise rivestendosi e guardando soddisfatto il suo lavoro.
Rimasi nuda sul divano, stesa ed esposta ai suoi occhi, ad essere ammirata ancora una volta.
Mi sentivo puttana, mi sentivo bellissima, mi sentivo pienamente soddisfatta e nella mia mente sentivo di aver trovato quel tassello vuoto lasciato dal mio esibizionismo estivo.

Leggero peccato

Le sue labbra tinte colore del fuoco, quel rosso che dovrebbe esserle proibito per tutti i peccati che scaturisce.

Le sue parole lente e delicate che ordinando un caffè sembravano chiedere molto altro, il suo labbro inferiore che nelle parole viene intrappolato tra i denti e rilasciato dolcemente per tornare al suo posto.

Mi faceva morire, quella donna mi faceva davvero morire.

L’aroma saliva verso di lei contornandole il volto perfetto, si era inumidita leggermente le labbra, prima di avvicinarle alla tazzina bianca ed io ero certa che il liquido bollente che stava bevendo non suonasse per nulla con il calore che il suo corpo emanava.

Donna bollente nello sguardo e nella vita.

Tutto si era svolto velocemente ma la mia testa lo viveva a rallentatore.

Si era sporta sul tavolino e con una mano accarezzava la sua folta chioma bionda, aveva accavallato le gambe facendole scivolare a lato ed accorciando l’orlo della sua gonna.

Ero diventata io stessa bollente solo guardandola.

Un soffio leggero alla tazzina e con un gesto dolce ma deciso aveva terminato la colazione, lasciando come unico segno del suo passaggio il fuoco impresso nella ceramica e nella mia anima.

Desiderio notturno

Mi sveglio nel cuore della notte, mi capita spesso, svegliarmi con quello strano prurito tra le gambe.
Mi sveglio.
Abbandono il sogno che lascia ancora beividi bollenti sulla mia pelle,ed una voglia che vuole essere a tutti i costi soddisfatta.
Non si può ignorare.
Non la voglio ignorare.
La mia mano percorre lentamente il mio corpo scendendo giù dal fianco al lato delle mie mutandine. Si insinua piano verso il centro, delicata, accarezza la peluria appena accennata, ci gioco, cerco di afferrarla come la chioma dei capelli, poi scendo.
Allungo un dito in avanscoperta come se quella che sto toccando non sia io.
Mi scopro bagnata e non è una vera e propria sorpresa, il sogno lascia strascichi vividi nella mia mente che fanno pulsare la mia fica come se fosse viva.
Sposto il dito alla ricerca del clitoride, lo sfioro, lo premo, mi regalo un po’ di piacere che rimane nascosto tra le mie labbra.
Scendo ancora, abbino all’indice il medio e li lascio scendere insieme fino alla fonte.
Piego le gambe per facilitarne l’entrata e poi dentro ad affogare in quel mare di voglia che sta uscendo da me.
Mi muovo tra le lenzuola, ballo un assolo di piacere con la musica delle mie dita.
Inarco la schiena e affondo ancora, spingo le dita cercando di combattere per il mio piacere contro la natura con cui sono fatta.
Spingo e gemo.
La mia testa all’indietro manda sangue al mio cervello già in estasi. Il formicolio della mia testa equivale a quello del mio corpo in fiamme.
Mi scopo ferocemente mentre l’altra mano rimasta a riposo tropo a lungo cerca loco sotto i miei vestiti.
Si avventa sui miei seni prosperosi, li agguanta, li stritola, per poi concentrarsi solo sui capezzoli tesi per lei.
Li pizzica.
Li torce.
Li tira.
Donando a me quella goccia di follia che mi manca per condire il tutto.
Aumento il ritmo delle mie dita su di me e allungando il pollice mi stuzzico il clitoride ad ogni affondo.
Mi aggrappo all’ultimo straccio di sogno per poi esplodere tra le mie dita e lasciare che tutta la mia voglia scemi tra le lenzuola.
Sorrido al buio cercando di fare pace con i miei sensi.
Ecco, adesso posso anche tornare a dormire, chissà che non faccia un altro sogno.

Notte estiva 1

Era una caldissima sera d’estate, avevo messo un bebydoll di raso rosso, giusto per non andare a letto completamente nuda, difatti sotto di esso avevo solo un paio di comode mutandine.
Dormivo spesso così in quelle notti afose e ormai ero così abituata a quella mise, che non ci trovavo nulla di strano nel girarci per casa, soprattutto nelle ore notturne, giusto per arrivare in cucina a prendere un bicchiere d’acqua per rinfrescarmi.
Avevo notato più di una volta gli occhi non indifferenti di mio fratello sul mio corpo, ma me ne sono sentita sempre e solo lusingata che un ragazzo come lui potesse trovarmi attraente. Era mio fratello, non avrei mai potuto pensare qualcosa di più.
Quella sera dopo una piccola scappatella notturna al bagno tornai a dormire, divincolandomi tra le lenzuola in cerca di un po’ di frescura da quel caldo asfissiante.
Stavo quasi dormendo quando udii il rumore della porta che si chiudeva, ma solo dopo aver sentito i passi venire verso di me capii che qualcuno era entrato.
Il profumo inconfondibile di “one million” mi diede la certezza che quel qualcuno fosse mio fratello.
Rimasi ferma, con le orecchie tese cercando di capire che cosa cercasse nella mia camera, mille idee mi frullarono nella mente, ma nessuna si sarebbe avvicinata alla realtà.
Magari gli serviva il mio computer o forse cercava il mio diario segreto, ma quando lo sentii vicino a me capii che le sue intenzioni erano altre.
Scostò le lenzuola delicatamente facendo il solletico alle mie gambe, finchè non fui completamente scoperta.
Non mi mossi di un millimetro, ero impietrita e ancora di più lo fui quando lo sentii stendersi accanto a me. All’improvviso mille pensieri mi furono in testa, che cosa aveva intenzione di fare? L’unica certezza è che l’avrei scoperto presto.
Passarono secondi interminabili in cui avrei anche potuto pensare che non ci fosse più, se non lo sentissi respirare la mia aria.
Il mio viso affossato tra il cuscino e il materasso mi aiutò a far finta di nulla, soprattutto perché era alle mie spalle e non poteva vedere le espressioni del mio volto.
Quando con una mano sfiorò la mia gamba a salire, quasi ebbi un sussulto. Strinsi impercettibilmente il cuscino e cercai di mantenere un respiro regolare mentre superava l’orlo del mio pigiamino e proseguiva scoprendo ulteriormente il mio corpo.
Gli attimi di calma che vennero dopo mi aiutarono a placare i miei animi ormai frementi all’idea di quello che avrebbe fatto.
Toccò il mio sedere sopra le mutandine, lo accarezzò dolcemente, tutti i suoi movimenti erano molto pacati, come se volesse imprimere nella sua mente ogni gesto così come li stava imprimendo nella mia.
Le dita si insinuarono nella stoffa delle mutandine e la tirarono verso il centro, incastrandole tra i miei glutei. La tirò dall’alto fermandola per bene tra di essi, poi tornò ad accarezzarli con un pò di decisione in più. Le mani continuarono ad esplorare il mio corpo per la prima volta, arrancarono sulla schiena che era esposta ai suoi occhi ma il babydoll fermò la sua salita impigliandosi sul mio braccio. avrei voluto muovermi per facilitargli il compito, ma volevo vedere come se la sarebbe cavata.
Smise subito di provarci, si avvicinò ancora di più a me, le sue mani scesero dal volto alla mia scollatura e accarezzarono i miei seni tesi dall’eccitazione.
Non ero però l’unica che si stava scaldando, sentivo il suo membro crescere appoggiato alla mia schiena, spingeva nei pantaloncini del pigiama che doveva ancora avere indosso ed io mi mordicchiavo le labbra silenziosa gustandomi la sua eccitazione insieme alla mia.
Ero accaldata e non più per l’afa estiva.
Palpava i miei seni come se fosse la sua prima volta, con una goffaggine che quasi non riconoscevo in lui, famoso per essere un donnaiolo in tutto il paese.
Ma anche io, ormai più che iniziata a quelle pratiche, sentivo una confusione pari alla mia prima esperienza anni fa.
Viaggiava sul mio davanzale stuzzicando i miei capezzoli turgidi, quando ne prese uno tra le dita sentii la mia fica pulsare come se fosse l’interruttore che accendeva la mia voglia. Gridavo dentro, esplodevo ed impazzivo, cercando però di non tradirmi con lui tenendo un respiro regolare.
Le sue mani poi arrivarono ad accartocciare la stoffa del bebydoll scoprendo tutto il mio ventre e la mia intimità, ero sua e se mai ci fosse stato un ripensamento quello era il punto di non ritorno.
Insinuò le dita tra le mie cosce serrate stuzzicando a malapena il clitoride. Smise solo un attimo, quello in cui si liberò dei suoi indumenti per tornare accanto a me.
La sua pelle calda era a contatto con la mia.
La sua voglia bagnava la mia schiena e la mia non vedeva l’ora che dischiudessi le gambe per mostrarsi.
Presi coraggio e con un colpo di tosse mi volsi a pancia in giù piegando un ginocchio, mi sistemai al meglio, poi mi fermai di nuovo, come ad essere calata nel sonno.
Attimi di calma mi fecero pensare di averlo fatto scappare.
Ero già pronta, alla sua resa,a terminare il mio piacere da sola, ma fortunatamente lui non mi deluse.
Si avvicinò alle mie gambe e fece scivolare via del tutto le mie mutandine.
Poi toccò con un dito le mie labbra percorrendo tutta la mia fessura.
Saliva e scendeva la mia piega vogliosa ed io fremevo e desideravo averne di più.
Ormai non c’era mio fratello con me sul letto, ma solo colui che poteva e doveva darmi piacere.
Un dito entrò in me seguito subito dopo da un secondo. Nel silenzio della camera solo il rumore dei miei liquidi sulle sue mani e poco dopo si aggiunsero anche i suoi..
Capii che si stava toccando quando non riuscì più a trattenere dei mugolii, anche io avrei voluto urlare il mio piacere e la mia tortura, ma non potevo o rischiavo di far finire tutto all’istante.
Sperai ardentemente che mi desse quello che volevo. era da quando avevo sentito il suo membro crescere sulla mia pelle che desideravo sentirlo dentro.
Quando smise di toccarmi e si stese di nuovo accanto a me, pensai che fossimo tornati indietro, alle palpatine. Poi però sentii la sua asta marmorea cercare strada in me, entrò lenta e sembrava non volesse finire più arrivando sempre più a fondo, il mio respiro si fermò e forse anche qualche rumore uscì dalle mie labbra, ma non potevo iù restare indifferente a quello che stava succedendo.
Una volta entrato tutto cominciò la sua uscita. Aspettavo con ansia ogni movimento con il mio battito sempre più accelerato, entrò di nuovo e le sue mani mi afferrarono per fare presa in me. Sembrava quasi non gli importasse più di svegliarmi, contava solo il suo piacere. Il ritmo diventava sempre più incalzante ad ogni spinta, i gemiti non riuscivano più ad essere trattenuti, ero in completa confusione incerta se goderne o nascondermi.
Quanto davvero ero credibile nel non svegliarmi in tutto questo?
Feci un verso per vedere se si sarebbe fermato, ma nulla poteva porre fine in quel momento alla sua lussuria.
E neanche alla mia.
Entrava ed usciva aiutato dalle nostre voglie che si mischiavano in me.
Quanto sarebbe durata ancora questa tortura? Volevo urlare, volevo scoppiare e volevo che la sua presa su di me non finisse mai.
Era pura confusione nella confusione.
Quando udii i suoi versi più rochi intuii che tutto stava per finire. Sì, ma come?
Gelida pensai a tutte le sfacettature possibili.
Non prendevo anticoncezionali ed ero sicura che non stesse usando nessun tipo di protezione.
Uscì rapido, troppo rapido, lasciandomi quel prurito misto a voglia di averne di più.
Il suo seme inondò bollente la mia carne.
Schizzi caldi si imprimevano sul mio corpo statuario.
Ed io cercavo di rinsavire convivendo con l’idea che tutto questo era finito.
Lo sentii pulire i miei fianchi, cercando al buio le tracce del suo piacere su di me.
Poi si rivestì veloce sparendo dalla mia stanza.
Attesi qualche secondo per esserne certa, poi sorrisi.
Bravo il mio fratellone, questa non me la sarei mai aspettata da lui. Anzi, non me la sarei mai aspettata proprio.
Entrare, scopare e non lasciare tracce.
Peccato che in penombra non si sia accorto di aver lasciato parte del suo nettare su di me.
Lo raccolsi e me lo portai alle labbra leccandolo avidamente.
Anche se ero ancora più accaldata riuscii finalmente a prendere sonno, mio fratello era stato la perfetta ninna nanna di quella calda notte estiva.

Coniglietta

e1ae7d62-735f-4292-8313-cd8a5f356735-21273137.jpgMi chiamava “coniglietta”, lo faceva da quando gli avevo confessato di aver comprato un plug a forma di codina di coniglio.
Lo divertiva ed anche a me, a mano a mano che mi apostrofava con quel nomino i miei pensieri riguardo quell’appellativo cambiavano, finchè non mi ero scoperta davvero lusingata ed emozionata al pronunciarlo.
Non ero una coniglietta come tante, non aveva milioni di conigliette che gli giravano attorno, io ero l’unica, io ero la sola, ero la Sua coniglietta, e questo cambiava tutto.
Tutto era cominciato con un massaggio, me lo aveva chiesto dopo una giornata intensa di lavoro, e poverino non glielo si poteva negare.
Sembrava così piccolo ed indifeso, talmente tanto che non se la sentiva di uscire per la solita birretta con gli amici, talmente tanto da supplicare a me un massaggio, io che in campo ho solo le conoscenze di base, giusto per dire che non peggioro gli acciacchi.
Accettai e quando lo vidi stremato e seminudo a pancia sotto sul letto neanche per un secondo pensai a quanto fosse stupendo, ma solo a cercare di dargli una mano.
Mi sedetti accanto a lui e gli feci due carezze sulla testa che quasi non si voltò a guardarmi.
-Allora, dove posso cominciare questo massaggio?- dissi elettrizzata sfregando le mani.
-No no, non ci siamo capiti coniglietta, non è con le mani che devi farlo il massaggio. ma con i piedi.-
-E come faccio con i piedi?- chiesi come se fosse solo quella la mia preoccupazione.
-Ti togli le scarpe, i calzini, ti sfili anche i vestiti, tanto io non guardo, e ti siedi qui, tra le mie gambe.- rispose pronto divaricando le gambe.
Lo feci, lo feci perché una morsa d’eccitazione mi aveva avvolto lo stomaco, lo feci con la scusa che tanto a lui non importava della mia nudità, in quanto non aveva neanche alzato gli occhi dalla tua posizione semi addormentata.
Feci come aveva chiesto e con solo l’intimo mi sedetti delicata tra le sue gambe come per paura di fargli male. Appoggiai le braccia dietro di me e spostando il peso alzai piano le gambe stendendole verso la sua testa.
Le appoggia dapprima sul collo sentendo subito al contatto un suo mugolio, come se solo sfiorandolo gli fosse già passato ogni acciacco.
Con le punte. anzi, con gli alluci percorsi la linea del collo cercando di fare la stessa pressione che avrei fatto con le mani.
Molto difficile era accarezzarlo con le mie estremità ma era altrettanto soddisfacente sentirlo sciogliersi sotto il mio tocco.
Continuai scendendo sulle spalle, ritrassi le gambe per arrivarci meglio dando un po’ di aria tra le mie cosce scoprendomi umida.
-Tutto bene coniglietta?- chiese nel mio attimo di titubanza.
-S…ì, tutto bene.- risposi leggermente accaldata.
Perché mi eccitasse non lo sapevo, forse il fatto che piacesse così tanto a lui implicitamente mi lanciava segnali strani.
Sfuggì alla mia presa e si capovolse davanti a me, il suo corpo nudo, i suoi occhi scuri accentuati dalla penombra ed i suoi boxer gonfi proprio a pochi centimetri da me, il mio battito accelerato e le mie pulsioni lasciate libere di scorazzare per il mio corpo.
Senza proferire parola prese tra le mani uno dei miei due piedini, lo strinse a sè e lo massaggiò delicatamente, come se dovesse riporre accuratamente lo strumento che lo aveva aiutato a sciogliere la sua fatica.
Massaggiò dalla pianta a salire lentamente verso le piccole dita cicciottelle di cui tanto mi sono sempre vergognata.
Se potevo diventare ancora più rossa lo stavo diventando di sicuro mentre combattendo il solletico saliva a massaggiare ognuna delle mie più piccole estremità.
Avvicinò il volto al piedino e lo annusò attraverso le sue mani, io rimasi impietrita davanti a tutta la scena, mi sarei aspettata che da un momento all’altro ci posasse le labbra, cosa che non successe forse perché scontata ai miei occhi.
Sorrise e soffiò tra le mie dita mandandomi brividi che non avrei mai penato potessero arrivare da quel punto del mio corpo ma a quanto pare erano direttamente collegate attraverso tutta la linea delle gambe alla mia intimità che rispondeva tranquillamente riversando tutto il suo desiderio sulla stoffa delle mie mutandine.
Guardai tra le mie gambe la voglia che non potevo vedere ma che sentivo colarmi giù, quella che invece vidi nitidamente fu la sua, sotto forma della sua asta che cresceva gonfiandosi sempre di più.
Respirai e deglutii rumorosamente mostrandogli tutto il mio imbarazzo.
-Coniglietta lo sai che è normale che mi fai questo, come potresti non farmi questa reazione?-
Avrei voluto rispondere con le mie solite storie sul fatto che fossi grassa e inappetibile, ma in quel momento non riuscivo a far uscire una qualsiasi parola dalle mie labbra, era come se mi avesse legata a lui ed ogni volta che mi chiamava diventavo sempre meno capace di rispondere al mio volere e sempre più vogliosa di sapere il suo.

Leggendo

f8c2af5c-4903-419d-a27c-60585e772aba-1748213823.jpgPagine che scottano, pagine che mi scaldano, pagine che mi fanno sudare, fanno sudare le mie dita che non riescono più a sfogliare le pagine. Ma io voglio andare avanti, un’altra pagina ancora, anche se le mie mani non sopportano più di reggere quell’insieme di carta, anche se le mie mani vorrebbero rispondere al richiamo che altre parti del mio corpo fanno da diversi minuti, da almeno tre pagine fa, da quando la protagonista del libro finalmente ha buttato via tutte le sue inibizioni. Ecco, più o meno lì il mio corpo ha deciso di reagire, più o meno in quel momento il mio sesso ha cominciato a pulsare e la mia pelle a scottare tanto quanto le parole del libro, più o meno da quel momento sto lottando con tutta me stessa per non cedere alla tentazione di toccarmi.
Non che non abbia intenzione di farlo, voglio solo imprimere nella mia mente più immagini possibili così posso chiudere gli occhi e sentirmi la protagonista, così posso immaginare che le mie mani siano quelle del feroce uomo che la sta possedendo.
Mi mordo le labbra per resistere ancora un po’ e mentre giro di nuovo pagina cerco di reggere il tomo con una sola mano così l’altra è libera di placare i miei istinti.
Mi sfioro i seni ed il mio respiro si agita sentendoli tesi. Avvolgo il sinistro con la mano e con il pollice lo accarezzo dolcemente ma invece di sbollire un po’, il mio corpo reclama ancora di più.
Scendo sulla pancia, la strada che porta a ben altre sensazioni, la attraverso infilando la mano dentro le mutandine.
Sono umida ed adesso anche le mie dita lo sono, bagnata e sudata delle mie voglie.
Insinuo l’indice tra le labbra, le apro delicatamente fino a trovare il clitoride che stava lì gonfio ad aspettarmi.
La mano trema ed io non riesco più a reggere il libro, anzi, non riesco neanche più a leggerlo visto che sono tre volte che scorro lo stesso passo “Lui le arrivò da dietro facendole sentire il suo membro attraverso la stoffa della sua corta gonnellina”.
Il libro sembra quasi voglia ribellarsi e dirmi di cedere ai miei istinti così come la sua protagonista ha ceduto ai suoi.
Appoggio il libro sul letto e l’altra mano aiuta la prima facendosi spazio nelle mie mutandine.Le sfilo, tanto ci sono le lenzuola a coprirmi, nessuno si accorgerà che sono praticamente nuda.
Allargo ben bene le gambe per facilitare le mie carezze che da un dito ora sono diventate più profonde perché ne usano due, due dita che scivolano avanti e indietro per la mia fessura.
Ripenso all’uomo del racconto al suo prenderla da dietro e farle sentire la sua virilità, alle sue mani nel corpo della giovane ragazza, ed io metto le mie nella stessa posizione di narrazione. Mi tocco, mi esploro senza un minimo di dolcezza, arrivo ai capezzoli e questa volta li stringo voracemente sussultando di me stessa.
Il pollice sul mio sesso si muove cercando le altre dita e quando le trova intrappola con esse il mio bottoncino. Lo sfrega piano e poi lo lascia andare mentre le mie estremità si bagnano sempre di più.
Spasmi di piacere si rotolano con me tra le lenzuola mentre le mie dita diventano sempre più smaniose, sempre più peccatrici, sempre più come quelle dell’uomo del mio libro e meno come le mie. Non è da me fare queste cose, non è da me farle così.
Infilo le due dita ormai fradice dentro il mio sesso spingendole più che posso.
Oddio, se questo è quello che provo facendolo da sola non oso immaginare quello che idealmente la ragazza possa aver provato tra le righe.
La mano sul seno va in soccorso dell’altra e mentre due dita entrano ed escono ritmicamente dal mio sesso, quelle dell’altra mano vanno a catturare di nuovo il clitoride, lo stringono e lo stuzzicano ancora e ancora senza darmi un attimo di tregua, senza risparmiare neanche un respiro finchè non è la mia intimità a prenderselo. Pulsando piacere in tutto il mio corpo riprendo a vivere, riprendo a ragionare, riprendo la mia normale temperatura. Maledetta me, maledetto libro.
Lo guardo e penso che come punizione per non aver finito il capitolo lo finirò domani, così mentre lui godrà di lei io potrò godere di nuovo di me stessa.

Non ti affezionare

2b4930db-e55c-4fb4-b4aa-c984abbb4bff2081997281.jpgDopo una storia lunga viene sempre voglia di stare soli.
Basta legami, basta preoccupazioni, basta a dover rendere conto ad un altro di tutte le scelte della tua vita. Senti il bisogno di libertà, senti il bisogno di stare con te stessa.
Ma la voglia di sesso non ti abbandona, soprattutto se hai scopato come un coniglio per anni.
Ecco perché avevo premesso all’uomo con cui uscivo che non volevo niente di serio. Lui, universitario, appena uscito dagli esami e con tanta voglia di svagarsi, ed io, io volevo essere il suo svago.
Più volte mi aveva ripetuto che lui non voleva complicazioni, aveva paura che io non me ne andassi così come ero arrivata, così come gli avevo promesso.
Non poteva sapere tutta la mia storia.
Eravamo usciti, pausa pranzo con la promessa che ci saremo visti poi qualche ora dopo, alla fine del mio turno di lavoro.
E così fu, mi passò a prendere e ci mangiammo un pezzo di pizza per cena.
Lui non era bellissimo e questo mi aiutava, una persona semplice, senza pretese.
Certo, era alto più di me, magro, moro, con gli occhi verdi. Sarebbe stato un ragazzo che  poteva piacermi, se solo mi fossi presa la briga di conoscerlo un po’ meglio.
Macchina. Una punto.
Sedile di dietro, comodi come se fossimo su un divano, approccio, come se fossimo su un divano.
Me lo sarei aspettato più impacciato, invece era stato molto audace.
La mano sulla coscia subito dopo quella sul viso.
E dopo che le nostre labbra si erano toccate, mentre io assaggiavo la sua saliva dolce, lui spostava la mano dal mio volto giù fino ai seni.
C’è sempre stato materiale da toccare sul mio davanzale e lui lo stava palpando tutto, piano piano, dolcemente, cercando di prenderne il più possibile nel suo palmo e poi in qualche modo stringerlo per possederlo almeno un po’.
La mia mano stava all’opposto della sua sui Jeans, stava ferma, non perché non sapessi che fare, ma perché non volevo essere io a guidarlo, volevo lasciarmi andare, ne avevo bisogno.
Aspettai che la sua mano percorresse tutta la mia coscia, concentrandomi sulle sensazioni che quel tocco mi stava dando.
Non perché veniva da giorni di astinenza e nemmeno perché fosse particolarmente bravo, ma perché come tutti aveva un modo suo, un suo ritmo, un suo approcciarsi ed io volevo conoscerlo.
Funzionava, era lento ma funzionava.
Aspettavo che la sua mano arrivasse più su, che toccasse altri punti, e nel mentre i miei pensieri astratti si tramutarono in bagnati.
Dopo un po’ prese le mia smettendo per un po’ di palparmi.
Si staccò poi tutto, deciso ad allentare la pressione della cintura con l’aiuto di entrambe le mani e della vista.
Sorrisi per evitare quel momento quasi imbarazzante.
Avevo caldo, ero eccitatissima, e quando si liberò dei jeans lo ero ancora di più.
Boxer, bei larghi boxer che mostravano già cosa si nascondesse al di sotto.
Come una leggera coperta facevano intravedere il suo contenuto che si muoveva per cercare ulteriore attenzione ai miei occhi.
Questa volta era lui a sorridere, e a riprendere il mio volto per accedere poi a tutto il resto.
Prima però di rimettersi a lavorare sul mio corpo, si era assicurato che la mia mano tornasse su di lui.
L’aveva accarezzata, presa e portata lì dove prima c’era la stoffa dei pantaloni e adesso sentiva solo la sua pelle irsuta.
Poi le aveva dato una leggera spinta, per indicare la via che essa doveva prendere verso il suo sesso.
Non avevo certo bisogno di incoraggiamento, ma mi piaceva quel suo volermi guidare.
Accarezzai la sua virilità attraverso la stoffa a quadretti, era così pittorica e così sensuale allo stesso tempo.
Lo sfioravo lieve, cercando di immaginare con la mente come potesse essere fatto.
Poi mentre lui si avvicinava alle mie mutandine facendo sparire la sua mano dentro la gonna del mio vestito, io piano piano con le dita tiravo l’elastico insinuandomi al suo interno.
Quando toccai la sua carne un brivido mi pervase unendo la sua intimità alla mia.
Due ansimi si scontrarono tra le nostre labbra ed entrambi continuammo la conoscenza con più audacia.
La mia mano afferrò senza indugi il membro stringendolo vigorosamente, mentre la sua scostando le mutandine percorreva la mia fessura bagnata.
Mi stuzzicò l’entrata mentre io liberavo completamente il suo sesso da ogni costrizione.
Afferrò i miei slip e li fece scendere fino a terra, poi alzò la gonna e mi guardò un secondo prima di abbracciarmi e stringermi a lui.
Mi fece scavalcare le sue gambe e sapevo bene che cosa avesse intenzione di chiedermi.
Prima però tirò fuori un profilattico e mi chiese se volessi metterglielo io, rompendo un po’ il clima.
Ero navigata di diverse cose, ma quella mi mancava, quindi semplicemente mi ero accontentata di guardarlo, guardare quel gommino scivolare sulla lunghezza davanti a me pensando che tra poco sarei stata io a scivolarci sopra.
Non ero allenata in quella posizione, ma l’istinto mi guidò facendomi sembrare tale.
Il suo sesso entrava nel mio al ritmo dei miei movimenti.
Avevo spostato parte del mio vestito per lasciare spazio ai seni, liberi di tenere il ritmo del mio ondeggiare su di lui.
In un attimo mi ero tramutata in una Dea del sesso, lo potevo leggere nel suo sguardo, nelle sue smorfie, nel potere totale che mi stava dando sul suo corpo.
Tutto nelle mie mani, ritmo, affondi, ondeggiamenti più o meno peccaminosi che spingevano il mio seno sul suo corpo. Il colpo di grazia glielo diedi ricordandomi di una cosa che mi aveva detto il mio ex che sapevo fare bene: contrarre i muscoli vaginali.
Nel momento in cui lo feci lo vidi cambiare completamente espressione, arrendendosi ad un orgasmo che non riuscì più a trattenere.
Ascoltai ferma ogni suo più piccolo spasmo, fino alla sua totale resa. Solo allora scesi da lui e lo lasciai libero come aveva chiesto.
Stavo bene, mi sentivo bene, sapere di essere stata così brava aumentava la mia autostima a livelli che non avevo mai toccato.
Non ricordo se ci siamo scambiati qualche parola, ricordo solo quello che avvenne quando fui tornata a casa; un sms, mi mandò un messaggio dicendomi quanto si era sbagliato su di me, quanto avesse scoperto che ero molto di più di una da una notte e via, che ero sprecata, che potevo essere importante per lui e che si rimangiava la promessa fatta, se solo avessi voluto.
Inutile dire che cosa io gli avessi risposto.
“Bye bye”

Lara © 2018