triangolo

29d91e24-e039-472d-b6c9-0d755aa7d698

Erano lì, dopo lunghi discorsi intrattenuti solo dai loro sguardi, dopo tutti i messaggi non verbali durati un’intera sera.
Erano ancora lì pronti a tramutare in reale quelle che fino ad allora erano solo fantasie.
Lui chiuse il locale, lasciando il mondo fuori e loro dentro.
Lei invece salì sul bancone, in piedi, ergendosi a musa per i pensieri più perversi.
Cominciò a spogliarsi lentamente come se quello fosse un vero spettacolo e lei la star del palcoscenico, mancava solo la musica, ma c’era il battito del suo cuore a dettarle il ritmo, ed i sorrisi dei due ragazzi ad incoraggiarla a continuare. Sì, perché i loro peccati viaggiavano su tre binari, su due qualsiasi treno avrebbe potuto percorrerli, su tre linee la strada era tutta una scoperta.
Sfilò il vestitino estivo dalla testa, lasciando che piano piano scoprisse il suo corpo ancora troppo diafano per la stagione calda che era arrivata, lo sfilò cercando di essere sexy mentre si dannava di non aver messo la camicetta, quella di che le avrebbe permesso un bello spettacolo per eccitare i due ragazzi. Lei certo non sapeva che i due uomini erano già più che eccitati da lei, non per il suo corpo mozzafiato, per quelle curve che segnavano dritte la strada della perdizione, ma già solo per il fatto che lei fosse lì, con loro, pronta a dividere un passionale momento, o forse anche più di uno.
Si chinò sui tacchi e li guardò dalla sua altezza, il suo più che amico barista fotografo nerd compulsivo ed il suo collega fissatosi con le sue foto, quelle che le aveva fatto qualche sera prima.
Chissà perché oggi non aveva la sua reflex in mano…
Domanda che lei rispose all’istante nella sua mente; perché non era più il momento di immortalare immagini finte, era quello di imprimere quelle vere sulla loro carne.
Scese dal suo piedistallo sedendosi sul bancone ed aspettando che uno dei due cavalieri la prendesse in braccio.
Quello già nudo e pronto per lei si avvicinò e stringendola a se la portò sul retro mentre l’altro raccoglieva i vestiti e li raggiungeva con la voglia negli occhi.
Era come una bambina, ubriaca di voglia ma sanissima sulle sue scelte. Li voleva, li voleva sentire tutti e due, voleva sentirsi amata e coccolata, voleva amplificare fino al cubo le sue sensazioni, e tra poco avrebbe avuto ogni cosa.
Nella stanza semibuia solo un materasso, segno e sintomo che probabilmente non erano solo le sue fantasie ad essere messe in campo quella sera.
I vestiti sbattuti a terra e lei aspettava di fare la stessa fine, lo guardava, il suo tramite, guardava il suo corpo nudo, il suo membro in tiro nei boxer, lo guardava con occhi diversi, con occhi vogliosi e si chiedeva in quale momento avesse deciso che lui non gli sarebbe bastato, lui e i suoi occhi color nocciola, lui e la sua crestina nei capelli che lo faceva assomigliare ad un pulcino spelacchiato, così lo chiamava lei, pulce, diminutivo di pulcino, anche se era consapevole fosse tutt’altro animale.
Quando aveva deciso che la sua pulce non gli bastava? Mai, ma non voleva lui lo sapesse, che per lei era più di quello che voleva dimostrare. Per questo c’era l’altro. l’altro che si era precipitato su di lei distogliendo lo sguardo dall’adone.
Non che l’altro fosse meno dotato, anzi, glielo stava dimostrando in ogni respiro che caldo si muoveva insieme alle sue mani, l’altro non era da meno, l’altro sarebbe stato il peperoncino sulla pasta, anche senza sarebbe stata buona, ma con il peperoncino era sicuramente meglio, più caliente.
Ricambiò quel bacio spegnendo i suoi pensieri e vertendo l’attenzione solo sulla sua pelle tesa e in cerca di ulteriori attenzioni.
Quando anche Pulce si unì all’amplesso lei lo sentì subito.
Le accarezzò i piedi preannunciando ben altra meta.
I vestiti completamente scomparsi e solo il sudore, il calore delle loro voglie a vestirli.
Le piccole dita dei suoi piedi tra le labbra del fotografo mentre le sue cercavano aria dalle sensazioni della lingua dell’altro sui suoi seni tesi.
La voglia le grondava tra le cosce spinta dalle sensazioni che stava provando e per quelle che sapeva sarebbero venute.
Aspettava che fossero loro a fare il primo passo, per non sembrare più perversa, per mantenere un briciolo di fragilità.
Fu il secondo a togliersi i boxer e accompagnare la mano della ragazza sul suo sesso caldo. Lei si bagnò delle sue voglie e sapendo bene che movimenti fare, cominciò a regalare ansimi guduriosi al ragazzo.
Diresse il suo sguardo al fotografo che adorava ed amplificava le sue voglie leccando uno ad uno le dita dei suoi piedini.
Lo guardò diretta e feroce cercando di intimargli altro.
Il suo tocco di lingua era sicuramente afrodisiaco ed unico, ma lei aveva voglia di toccarlo in altro modo, aveva voglia di sentirlo completamente in lei.
Lui le sorrise, l’aveva capita, la capiva sempre.
Lasciò a malincuore quelle sue invitanti estremità per salire con le sue mani le gambe divaricandole con molta facilità per arrivare al loro fulcro.
La trovò bagnata, pronta, che le sue dita ci scivolarono fin troppo facilmente, che il suo calore invitava a procedere per ben altre vie.
Le stava dando piacere mentre lei lo dava al suo collega, ma anche lui voleva la sua dose, soprattutto adesso che lei le aveva sottratto quella parte che tanto adorava del suo corpo.
Si tolse anche lui i boxer rivelando il suo membro ritto e pronto per l’azione, una sorta di mostra, una piccola gara a chi ce l’avesse più lungo.
Le alzò le gambe, le modellò come più congeniali mentre lei quasi non le dava attenzione, prese il suo cazzo e di prepotenza lo sbattè sul suo pube richiamando gli occhi su di lui.
Lei sorrise portando le sue dita bagnate alla bocca, le succhiò peccaminosa per poi riportarle sulla marmorea asta che avevano appena lasciato.
Lo stringeva tanto quanto voleva l’altro dentro di lei, cercava di far uscire un po’ della sua voglia nelle gesta che stavano facendo godere il ragazzo.
Si leccò le labbra cercando altro, voleva sentirlo dentro di sè, voleva assaggiarlo e lui non si tirò indietro, non come il fotografo che invece continuava a giocare a farle salire gli ansimi sfregando il sesso sul suo.
Ma ci stava riuscendo perché lei era sempre più smaniosa di ottenere di più. Affondò le labbra sull’asta divorandola dopo poco per intero. Fece scorrere le labbra per tutta la lunghezza fermandosi ogni tanto in brevi risucchi.
Poteva sentire la sua eccitazione deliziarle la bocca con il suo sapore pungente.
Forse proprio per i suoi ansimi misti a quelli del ragazzo finalmente Pulce si decise a prendersi il suo spazio. Sentì l’ansimo di lei svuotarsi sull’organo che gli riempiva le labbra e nelle sue un ghigno di soddisfazione per la sua prorompente presenza che non l’aveva lasciata indifferente. Spinse ancora di più rubandole ancora un paio di respiri ed affondando un millimetro oltre quello che la natura gli consentiva.
Lei stava morendo dolcemente in quell’amplesso, la mente era ormai volata lontana mentre il suo corpo era in balia di quei due dolci ma brutali uomini.
Non era lei a dettare alcun che, era diventata solo spettatrice, era diventata solo oggetto del loro piacere. Anche laddove peccaminosa stava succhiando l’asta dell’uomo, adesso era quest’ultima che scivolava sulle sue labbra impotenti invadendola senza pietà.
Il climax saliva per tutti, lo sentiva sulla sua pelle, lo sentiva dai loro ansimi che non erano meno forti dei suoi.
Erano ormai trasportati a pieno nel ritmo del piacere, spinte su spinte che lei assecondava trasformandole in fuoco vivo che percorreva la loro carne.
Quando sentì il fotografo sottrarsi dalle sue cosce capì che era quasi giunto il culmine e che avrebbe voluto sfogarlo su di lei. Anche l’altro in poche mandate raggiunse l’orgasmo lasciando andare la morsa della sua testa.
Lei chiuse gli occhi ed allungò la bocca aspettando i loro piaceri che sapeva sarebbero arrivati.
Attese giusto un paio di attimi prima di essere inondata a destra e a sinistra dalle loro esplosioni.
Fiotti caldi si posarono in ogni parte del suo viso, colando all’istante verso il basso, verso i suoi seni percorrendo poi tutto il suo corpo.
Quando sentì che il loro piacere era terminato, si pulì gli occhi per guardarli.
Sorridenti si passavano una birra fredda pronti a condividerla anche con lei.
Si buttarono sul materasso, accanto a lei, una piccola pausa, un piccolo assaggio di quello che sarebbe accaduto poi, subito dopo la birra o dopo la seguente, ma sarebbe accaduto.

Lara © 2018

Dietro la finestra

Li sento che mi stai guardando. No, non ti vedo se è di questo che hai paura, ma ti sento, ti percepisco. Mentre io sto qui in balcone sul lettino a prendere il primo sole di quest’anno tu te ne stai chiuso in casa dietro alla tua finestra. Troppo diversi io e te, troppo distanti, troppo inarrivabili. Però qualcosa in comune lo abbiamo, ne sono quasi sicura, siamo entrambi seminudi. Io per cercare di prendere un po’ di colore, tu per rendere il tuo sporco lavoro più accessibile.
Sorrido quando vedo l’ombra della tenda spostarsi, giro il volto verso il muro, verso dove non puoi vedermi ridere e sì, anche un po’ eccitarmi per il tuo sguardo.
Non ti guarderò più, mi basta sapere che ci sei, che non te ne sei andato e quello è certezza.
Prendo la crema e molto lentamente la spruzzo sulla mia pelle ancora troppo bianca.
Accarezzo gli schizzi perlacei spalmandoli sul mio corpo. Il rimando nella mia mente peccaminosa è immediato, chissà se è così anche nella tua, chissà se il mio pensiero in questo momento ti sta sporcando le mani sperando di uscire prorompente.
Mi stendo a pancia in giù sul lettino, sistemo i capelli lunghi su di un lato, come se tutto fosse normale, come se i segni della tua attenzione non si stessero palesando sul mio corpo.
La mia voglia scende sul costume anche se poi non ne capisco il perché. Sei solo un ragazzino troppo inesperto per soddisfarmi eppure l’idea che io lo sia abbastanza per farti giocare con le tue voglie mi eccita, mi spinge a continuare a giocare.
Porto le mie mani dietro alla schiena e afferro il laccetto del costume slegando il nodo.
I due lembi cadono sui miei fianchi inermi mentre io faccio la stessa cosa con quelli dietro il collo.
Appena il costume è poco meno di un pezzo di stoffa che si frappone tra me e l’asciugamano, lo tiro via sfilandolo e lasciandolo a terra alla sua vista.
Nel gesto anche i miei capezzoli rispondono all’eccitazione.
Mi sta guardando, mi sta bramando, si sta sicuramente menando quel cosino che ha tra le gambe e mi sta memorizzando.
Il suo cervello sta scattando fotografie del mio corpo per poterle riproporre nel momento del bisogno, quando avrà bisogno di ispirazione per placare i suoi impazziti ormoni adolescenziali.
Sorrido, mi mordo le labbra, rendo tutto il più eccitante.
Poi porto una mano a coprire blandamente i seni e mi alzo mostrandoti palesemente il mio corpo nudo.
Mi giro e con l’altra mano mi sistemo gli slip del costume, poi mi volto di nuovo verso di te, guardo verso la tua finestra.
La tenda si scosta dandomi la certezza che sei davvero stato li per tutto il tempo.
Rimango immobile e seminuda finché tu non prendi coraggio e ti riaffacci di nuovo.
Trovi i miei occhi a fissarti, la mia bocca semiaperta che ti parla, la mia smorfia piena di maturo peccato solo per te è per quello che stai facendo al di sotto della mia visuale sotto la finestra.
Mi lecco le labbra e poi con un leggero gesto della mano ti saluto dandoti le spalle ed ondeggiando verso la finestra di casa.
Chissà cosa ti sei messo a fare, chissà quali saranno stati i tuoi pensieri, so solo che i miei si sono improvvisamente accesi e dovrò trovare il modo di sfogarli, magari pensando a te dietro alla finestra che puoi soltanto immaginare fino a quanto il mio peccato si estenda.

Lara © 2018

Rosa blu

Mi rotolo sul letto senza aprire gli occhi, la luce del giorno cerca di penetrare nella camera arrivando a me, ma io la chiudo fuori, io non voglio svegliarmi. Voglio stare solo un po’ ancora in questo stato, voglio fare l’amore con le coperte, voglio bearmi della loro frescura in questa giornata già troppo calda per non essere ancora estate.
Le respiro, mi ci immergo nuotandoci liberamente, nuotandoci troppo liberamente.
Dove sei?
Nemmeno la tua assenza mi spinge ad aprire gli occhi perché ti sento, sento che non sei troppo lontano da me, sento il tuo profumo sul letto, sento che non è molto che mi hai abbandonata, e poi ti sento nei rumori.
Sei in cucina? No, sei in bagno, hai appena aperto la doccia, sento l’acqua scorrere, quella che tra poco accarezzerà il tuo corpo, beata lei.
Io però l’ho fatto ieri sera. l’ho fatto tanto, e forse anche durante la notte, mentre tu dormivi, sono quasi sicura di aver allungato una mano e averti fatto una lieve carezza, per sentire che c’eri, che non eri un sogno.
Perché ieri sera, ieri sera abbiamo rasentato il paradiso, o almeno io ci sono arrivata, l’ho toccato.
Sei tornato da me, dopo tutti i chilometri che ci hanno distaccato per mesi sei tornato qui, e la prima tappa è stata casa mia.
Sei venuto e ti sei preso di nuovo tutto, tutto quello che avevi lasciato, anche me, soprattutto me. Ti è bastato un sorriso sulla soglia della porta ed una rosa, sei venuto con quella ed io ero già pronta ad essere di nuovo tua. Una rosa blu, quella che piace a me.
L’ho appoggiata sul tavolo e ti ho lasciato entrare in casa e dopo qualche minuto anche in me.
Non so come sia successo, so che è successo perché lo volevo, perché lo desideravo da troppo.
Avevo bisogno di sentirti dentro, di sentirti godere del mio corpo, di sentire le tue braccia stringermi ed il tuo corpo soffocarmi. Avevo bisogno di morire di te, di agoniare ogni respiro che potevi donarmi.
Avevo bisogno di guardarti negli occhi mentre conquistavi di nuovo le mete del nostro piacere.
Le tue mani sul mio corpo e le mie che cercavano invano di toccarti, di sentirti ancora di più, come se la tua invasione non fosse già abbastanza.
Le tue dita avevano percorso tutta la mia figura fermandosi sui seni, afferrando ferocemente i capezzoli e tendendoli fino a farmi mancare il fiato mentre continuavi a pompare ossigeno dentro di me, e quando li hai lasciati liberi di formicolare la tua assenza ho sentito la tua presenza nella mia parafilia.
Le tue mani strette sulla gola ed io completamente inerme ad ogni tuo gesto, ad ogni tuo spingere ad ogni tuo prendermi.
I miei occhi spalancati nel guardare i tuoi e il mio cervello che faceva a meno di quel briciolo d’ossigeno che gli avevi lasciato.
Mi hai liberato, inondato, guardato come se fossi l’unica cosa che avevi aspettato per mesi, ho riconosciuto lo sguardo perché il mio doveva essere abbastanza uguale.
Prendevo respiro, ma tu no, tu eri tornato di nuovo su di me, torturando la mia pelle, giocando con i miei sensi che erano ancora accesi. Ti eri messo alle mie spalle, le labbra a baciare dove poco prima stringevano le dita, come a voler quasi chiedere scusa per quella che era la mia più grande perversione, come se il tuo farmela scoprire potesse essere una colpa e non una gioia.
Le tue mani più delicate fino ad entrarmi nelle cosce, fino a sprofondare nel mio sesso che non aveva osato chiedere attenzioni finchè tu non glie l’ hai date.
Le dita giocavano con la mia fessura, mi entravano dentro scivolando sulla voglia che avevi lasciato e mi hanno fanno toccare di nuovo il cielo, mi avevano portato di nuovo oltre il letto, oltre il corpo, in quel posto fatto di sensazioni che solo tu mi sapevi far provare.
Sentivo il tuo sesso alle mie spalle crescere di nuovo, scivolare sulla mia pelle e bussare al mio fondo schiena.
Immaginavo cosa volessi, per questo ti avevo lasciato fare, volevo averti con me, volevo averti in ogni modo che la tua mente aveva partorito.
Eri scivolato fino all’unico buco libero e lì aiutato dal tuo desiderio eri entrato facilmente irrompendo di nuovo dentro di me.
Era più un’intrusione che un movimento, un’amplificazione del mio desiderio, una espansione di ogni sensazione che mi scorreva in corpo.
Le tue dita dentro di me e il pollice a sfregare il clitoride, potevo solo abbandonarmi, potevo solo abbracciarti. Ti avevo lasciato pieno campo gettando le braccia in alto a cercare le tue labbra ancora sulla mia pelle, dietro le orecchie sul collo dove respiravano corte il piacere che entrambi stavamo provando.
Inostri corpi si muovevano ed il mio piacere si posava e si placava tra le tue braccia.
Penso di essermi addormentata così, di averti lasciato poco dopo, stremata per il tuo ritorno, stremata per il lungo viaggio che mi avevi fatto fare.
Spegni l’acqua, mi accuccio su un fianco, non voglio che ti accorga he sono sveglia, non devi vedere neanche una smorfia sul mio volto.
Sali sul letto cercando di non svegliarmi e mi stringi forte a te.
Il tuo corpo nudo, freddo, ancora bagnato.
Il tuo sesso teso, virile, pronto per cominciare bene una nuova giornata.

Lara © 2018

Provocazioni

La cosa più divertente è l’attesa, non solo l’atto stesso.
Ne sono sempre stata convinta.
L’eccitazione che sale quando sai di non poter fare nulla, quella sorta di proibizione ed imbarazzo, adoro quel momento e adoro farlo vivere a te.
Soprattutto quando tu sei a lavoro ed io a casa a non far nulla.
E allora mi diverto.
Mi viene naturale, e se non ho il peccato nella mente mi viene non appena faccio qualsiasi cosa in casa.
Perché la colazione che colazione è senza mandarti una foto delle mie labbra che mordono il biscotto o si leccano per portare via quella traccia di caffèlatte rimasta?
Oppure se entro in doccia o semplicemente quando tolgo il pigiama e rimango per interminabili minuti davanti allo specchio. Come posso non pensare di mandarti una foto anche solo per renderti partecipe della mia mattinata? Anche perché sono sicura che se poi fossi vicino a me in quei momenti ti renderesti sicuramente protagonista toccando con mano tutto quello che ti mando per foto.
Se sono troppo sexy poi che ci vuoi fare? Se ti guardo con i miei occhi da cerbiatta e mi mordo il labbro con fare voglioso rimandando a ben altre idee.
E se poi da una foto innocentissima con la mano negli slip tu capisci che io ho voglia di toccarmi? Che colpa ne ho? Io non l’ho mica scritto, non dipende da me il tuo leggere tra le righe.
Mi viene da ridere, soprattutto se penso alla tua faccia quando le vedi apparire sul cellulare, quando nel bel mezzo di un incontro con i clienti vedi la mia peccaminosa figura anche solo per un millesimo di secondo ma ti si incastra nella testa e non se ne va più.
Tu parli di contratti d’affari e davanti vedi solo il mio corpo nudo che se venissi da me ora sarebbe esattamente com’è in foto. Perché tanto non si può fingere quello che non si è, non posso far finta di avere una voglia pazzesca di sentirti se non mi facessi male aspettandoti davvero.
Ovviamente dopo tutta questa carica erotica mi tocco sul serio, mi stendo sul letto e ti penso, ma non ti penso accanto a me, no, mi piace immaginarti imbarazzato mentre non ti esco dai pensieri, mentre cerchi in tutti i modi di andare al bagno a sfogare quell’erezione che vuole palesarsi tra le tue gambe.
E poi magari mentre succede o nun succede tutto questo ti faccio anche un audio, niente di perverso eh, solo la mia voce eccitata che ti dice qualsiasi cosa, solo il mio respiro affannoso che ti chiede come va il lavoro e nel frattempo sta lavorando per far arrivare ossigeno al mio cervello lottando contro le mie dita che fanno di tutto per togliermelo sfregandosi tra le cosce.
Chissà cosa pensi quando lo senti, chissà se te lo porti in bagno e lo ascolti in loop immaginandomi come io faccio con te.
Non ci posso fare nulla se mi piace provocare. E’ che tu sei così soddisfacente che se eccito te, poi riesco ad eccitare anche me, sei il mio motore ed il mio sorriso.
E adesso… adesso aspetta che ho una voglia matta di mandarti una foto.

Lara © 2018